A Trieste, il 9 febbraio 2018, il Caffè San Marco ha ospitato una delle serate dell’omonima manifestazione “Le serate della cultura serba in Italia 2018” organizzata dall’Unione dei serbi in Italia. Gli ospiti venuti dalla Serbia sono stati Tatjana Janković, Janja Todorović, Dusan Todorović e Veselin Dzeletović, mentre da Roma è arrivata Maria Lina Veka.
Erano presenti anche il Console generale della Repubblica di Serbia a Trieste Dragan Kicanović, il Console della Repubblica di Serbia a Trieste Nemanja Sekicki, e il presidente della Comunità serbo ortodossa Zlatimir Selaković. Il nostro carissimo parroco, la nostra guida spirituale, padre Rasko Radovic, non è purtroppo potuto partecipare alla serata perché in convalescenza per un lieve problema di salute
Questo evento è stato registrato e sarà trasmesso sulla TV di stato serba RTS grazie alla presenza della giornalista Milena Vujovic e del cameraman Dimitrije Hadzi Nikolic.
La referente per la cultura dell’Unione dei Serbi in Italia, Lidija Radovanovic, ha tradotto tutto il programma in italiano, e ha organizzato l’evento a Trieste assieme al vicepresidente della stessa Unione, Aleksandar Milovanovic, e a Dragana Antonijevic, la vicepresidente dell’associazione Pontes/Mostovi di Trieste.
L’Unione dei serbi in Italia è stata costituita 3 anni fa ed è una associazione ombrello che attualmente conta 12 associazioni culturali serbe operanti in 4 regioni del Nord Italia. Di queste 12 associazioni a Trieste operano 2: “Vuk Karadzic” e “Pontes Mostovi”. Erano presenti i due presidenti Ratko Zivanovic e Biljana Klepic e anche loro hanno contribuito alla realizzazione di questa manifestazione a Trieste. L’Assemblea costituente dell’Unione dei serbi in Italia si è svolta 3 anni fa proprio a Trieste presso la storica, e da voi tutti immagino conosciuta, Comunità religiosa serbo-ortodossa di Trieste, che ancora una volta ha contribuito alla costruzione di qualcosa di positivo per la diaspora serba.
Associazione Vuk Karadzic è stata istituita nell’ottobre del 1995 ed è la più antica associazione culturale e sportiva dei serbi che negli ultimi 30 anni si sono insediati a Trieste. L’Associazione è famosa in Città per il tradizionale torneo di “Spasovdan”, che organizza ormai da 10 anni nel mese di giugno. Questo torneo rappresenta una festa popolare di 2 giorni che si svolge a San Dorligo, Dolina, ed è fatta di musica, danze e gastronomia serba. Coinvolge una quarantina di squadre di calcio provenienti da Italia, Slovenia, Croazia, Austria, Bosnia, Svizzera e vede una partecipazione di diverse migliaia di visitatori.
L’Associazione Culturale Serba “Pontes-Mostovi” invece è stata fondata nel 2008. Una delle iniziative più importanti rappresenta il “Festival internazionale della danza folkloristica” denominato “Preli Prelo” , che dal 2011 viene organizzato ogni anno in aprile, a cui hanno preso parte varie associazioni culturali, sia locali che provenienti dall’estero.
Un’altra iniziativa, che sta avendo una buona risposta dalla nostra Città, è la “Cena Etnica Serba”, che si svolge diverse volte all’anno presso la sala della Comunita serba in Via Genova 12. Durante questa cena è possibile non solo assaggiare le pietanze tipiche serbe ma anche imparare qualcosa sulla storia e sulla geografia della Serbia e mettere in pratica le usanze popolari tipiche, facendo anche qualche passo di danze folcloristiche.
L’immigrazione massiccia dei serbi in Italia ha avuto luogo negli anni novanta, durante e in seguito alla dissoluzione della ex Jugoslavia e poi successivamente tanti serbi andarono via pure dal Kosovo. Oltre ai serbi che popolano Trieste, alcuni anche da diverse generazioni, un numero sempre crescente di persone di origine serba si stabiliscono in particolare nelle regioni del Nord Italia. Attualmente i più numerosi risiedono nella Regione Veneto, attorno a Vicenza.
Lo scopo di questa aggregazione denominata Unione dei serbi in Italia è unire le forze e migliorare la capacità d’azione e di organizzazione delle singole associazioni nel custodire la cultura, la lingua e l’alfabeto cirillico, i costumi e tutto ciò che appartiene alla identità della cultura serba. E’ stata istituita anche allo scopo di migliorare l’opinione pubblica sulla Serbia e sul popolo serbo, la cui immagine ha subito un duro colpo nel corso degli ultimi anni, anche a causa al racconto parziale su ciò che è accaduto veramente durante le ultime guerre. Questo racconto attribuiva principalmente ai serbi tutte le responsabilità dei conflitti degli anni novanta. Questo non vuol dire che chi guidava la Serbia all’epoca non ha abbia delle responsabilità e non abbia commesso errori gravi da condannare, però è un dato di fatto che Belgrado, a suo malgrado o a suo onore, fu all’epoca la capitale, non soltanto della Serbia, ma anche della Jugoslavia e questo comportò degli obblighi sanciti dalla Costituzione Jugoslava che non prevedeva la possibilità di secessione da parte delle Repubbliche o delle regioni autonome che la componevano (come è oggi, ad esempio, Madrid a ribadirlo e a reagire nei confronti della Catalogna). Infatti se vi ricordate, la Serbia ha portato il nome della Jugoslavia fino al 2003, quindi ben 12 anni dopo l’uscita dalla Jugoslavia della Slovenia e poi della Croazia. Il secondo aspetto che penalizzò la posizione serba sulla scacchiera geopolitica fu la vicinanza alla Russia, anche per l’appartenenza alla stessa religione ortodossa. Questa caratteristica della Serbia ostacolava anche il desiderio, soprattutto degli USA, di espandere la propria influenza politica sempre più ad est. Ne è la dimostrazione anche l’attuale presenza in Kosovo della Base Bondsteel, la più vasta e costosa base militare degli Stati Uniti costruita all’estero, attenzione non della NATO, ma proprio degli USA direttamente.
ll programma della serata si è svolto in due parti: una panoramica storica sulla dinastia medievale serba dei Nemanjici, e la presentazione del libro “Zlocini – Crimini di guerra in tempi di pace” che rappresenta una raccolta di 3 libri, 2 della giornalista e scrittrice romana Marilina Veca e un libro dello scrittore e poeta serbo Veselin Dzeletovic. Tutti e tre testi sono presenti nel libro sia in italiano che in serbo.
Dusan Todorovic ha presentato il suo progetto multimediale di 20 minuti. Il video è in lingua serba, ricco di contenuti visuali e sonori. Janja Todorovic ha fatto una breve presentazione storica e in seguito Tanja Jankovic ha illustrato l’arte di calligrafia artistica tematicamente legata a questa epoca medievale della storia spirituale e culturale del popolo serbo.
Il programma prima di tutto parlava della dinastia dei Nemanjić che a partire dal 1166. resse la Serbia un potente stato indipendente in un periodo del medioevo particolarmente importante e positivo della sua storia e che raggiunse il suo apice con lo zar Dušan nella metà del 1300, quando l’Impero serbo, dal 1346 al 1371, fu uno dei maggiori stati europei dell’epoca. Il suo confine settentrionale coincideva con i fiumi Sava e Danubio e oltre al territorio della Serbia attuale lo stato di Dušan, ad ovest, comprendeva Dalmazia e parte della Bosnia e al sud l’attuale Montenegro, Macedonia e la parte settentrionale della Grecia, fino a Salonicco. Siccome la sua sovranità comprendeva anche il territorio dell’attuale Albania, i confini dello stato ad occidente arrivavano al mare Ionio e all’area meridionale del mar Adriatico, e ad est al mar Egeo
Il declino di questo impero arriverà in seguito alla famosa battaglia del Kosovo del 1389, dove l’esercito serbo dello Zar Lazar si scontrò con l’esercito dall’Impero Ottomano del sultano Murat. Una curiosità: a Trieste il palazzo Gopcevich testimonia, con le 4 statue che lo contraddistinguono, i principali protagonisti serbi di quella battaglia.
L’ultimo dato per concludere questa cornice introduttiva riguarda il figlio del capostipite dei Nemanjici, Stefan Nemanja, e il fratello del primo re serbo Srefan, incoronato re di Serbia dal papa Onorio III nel 1217 (circa cent’anni prima della nascita dello zar Dusan di cui prima). Questo figlio e fratello si chiamava Rastko e divenne un monaco nel monastero del Monte Athos, prendendo il nome di Sava. Questo uomo oggi rappresenta il più importante santo della chiesa serbo ortodossa e viene chiamato San Sava, e si celebra ogni anno il 27 gennaio. Sava è entrato nella storia perché si prodigò presso le autorità ecclesiastiche bizantine, per garantire lo status di autocefalia, autonomia, per la Chiesa ortodossa serba e divenne così il primo arcivescovo e primate ortodosso serbo nel 1219, il fondatore della Chiesa nazionale serba, e quindi il patrono dell’educazione e della medicina.
La breve biografia dei 3 ospiti che hanno parlato in serbo della dinastia regnante medievale dei Nemanjici:
Dušan Todorović, pubblicista e redattore tecnico della rivista „Svetosavac“ presso il Tempio di San Sava a Belgrado, è l’autore del video multimediale „La cultura dell’alfabeto cirillico“, che rappresenta l’alfabetizzazione dei serbi dal 10 ° al 21 ° secolo in tutti i territori abitati dal popolo serbo. Questa opera è stata presentata nelle numerose città europee ed ha avuto un grande seguito. Il video „L’epoca dei Nemanjić“, che errà proiettato, rappresenta il suo nuovo progetto autoriale, che in modo interessante ed istruttivo illustra i due secoli della dinastia dei Nemanjić.
Janja Todorovic, vive anche a Belgrado ed è pubblicista ortodossa, scrittrice e traduttrice dalla lingua russa. È autrice di numerosi libri, ma anche editore e collaboratrice di diverse riviste. Per oltre vent’anni partecipa alle conferenze e insegna la cultura e l’arte ortodossa sia nei paesi a maggioranza serba che nel resto del mondo, con le finalità culturali, educative e spirituali volte al popolo serbo, oggi sempre più importante e necessaria. E’ la vincitrice di un premio del Patriarcato serbo per le attività missionarie e misericordiose.
Tatjana Jankovic, lettrice, calligrafa e pittrice di icone, è una dei fondatori della scuola di scrittura di alfabeto cirillico „Santo Giovanni e Vladimiro“ di Belgrado. E’ anche organizzatrice, autrice, ideatrice e partecipante ai numerosi programmi volti a preservare e coltivare la scrittura a caratteri cirillici serbi, le mostre di calligrafia, campi estivi per i bambini della diaspora, ospite su invito nelle manifestazioni in tutta l’Europa dove vive il popolo serbo. Oltre ai workshop interattivi, dedicati alle nuove generazioni, presenta anche delle mostre di calligrafia artistica tematicamente legate alla storia spirituale e culturale del popolo serbo.
I Nemanjic sono la più famosa dinastia serba che governò i Paesi popolati dai serbi per più di due secoli e diede loro undici sovrani. Illustreremo l’epoca dei grandi spani (un titolo amministrativo diffuso durante il Medioevo nell’Europa centrale e balcanica, corrispondente all’italiano gastaldo), la nascita del regno e dell’impero, le loro conquiste nel campo della storia di creazione di uno Stato, della cultura, dell’arte, delle fondazioni, dei lasciti, e della spiritualità.
I Nemanjići erano personalità originali, potenti e geniali che hanno gettato le basi di uno stato serbo su cui i serbi sviluppano ancora oggi la propria identità.
Hanno vissuto nell’epoca dei grandi cambiamenti storici (governato dal 12 al 14 secolo) e dei grandi conflitti di civiltà tra est e ovest (divisione della chiesa cristiana di occidente e oriente, crociate, declino dell’Impero Bizantino). La dinastia dei Nemanjici ha cercato di rendere autonoma la Serbia e di elevarla, grazie alla fede cristiana, alla cultura e all’impegno di tutti, ad una civiltà di livello superiore.
Erano appassionati di arte bizantina e furono guidati dall’idea della zadužbina (lasciti che nobilitano l’anima attraverso la fondazione e restaurazione di una chiesa o di un monastero per guadagnarsi la salvezza dopo la morte). Costruirono quindi chiese e monasteri in tuti i paesi serbi come la Raska ( il territorio dell’ odierno sud della Serbia e del Kosovo e Metohija), la Zeta (odierna Montenegro), la Dalmazia, l’Erzegovina, la Bosnia, ma anche in quelli fuori dai confini: Monte Atos, Terra Santa, Grecia, Bulgaria, Romania e Sinai. Molti di loro oggi sono iscritti dall’UNESCO come monumenti culturali di importanza mondiale. Parliamo di monasteri come Visoki Decani, Il patriarcato di Pec, Studenica, Gracanica … e molti altri.
La dinastia Nemanjić è una dinastia reale, unica al mondo, che ha dato 24 santi, canonizzati dalla Chiesa ortodossa serba e molto rispettati nel popolo. Il più importante è il padre spirituale della nazione Rastko Nemanjić, poi monaco San Sava, a cui sono dedicati oggi i tempi in tutto il mondo: Belgrado, Parigi, Londra, New York, Sydney, Berlino, Stoccolma, Vienna ecc. E suo padre, Stefan Nemanja, il cui nome da monaco è Simeon Mirotočivi, è il capostipite della dinastia.
I Nemanjići, e i loro eredi, sono veramente stati anche dei veri e propri europei, perché hanno preso in moglie le principesse dalle corti veneziane, francesi, ungheresi, rumene, bulgare e bizantine. Anche le figlie e le sorelle dei Nemanjici andarono in sposa in tante case reali sparse in giro per l’Europa. I discendenti dei Nemanjić, quindi, governavano anche nei paesi confinanti, grazie alle donne della loro famiglia. Anche la madre dell’imperatore russo Ivan il Terribile era una Nemanjić.
La gloria dei Nemanjić ai giorni nostri risplende di nuovo e suscita un grande interesse, anche nelle giovani generazioni, perché in loro vengono riconosciuti dei valori anche contemporanei. Hanno ispirato molti artisti, pittori, scultori, scrittori, poeti, storici, registi, pittori di icone, mosaici, sacerdoti e statisti che hanno voluto prendere esempio da loro e con le proprie creazioni illustrare le famose opere di questi giganti della storia serba.
Uno di questi giovani è Dusan Todorovic, un giovane artista di Belgrado, che ha creato un’opera ispirata e autentica, di carattere artistico e documentario, che usando linguaggio e tecnologia contemporanea, introduce i Nemanjići in una nuova scena multimediale, come eroi epici del Medioevo.
La breve conferenza della scrittrice Janja Todorovic, invece, con la magia delle parole fa sì che le eterne idee dei santi Nemanjić ci raggiungano e arricchiscano le nostre anime con la bellezza e la luce spirituale.
Tatjana Jankovic : I valorosi manoscritti, spesso miniati, che risalgono ai tempi dello stato indipendente serbo sono stati creati nei monasteri che erano veri e propri centri spirituali e culturali situati sia sul territorio della Serbia che nel Monte Atos, un teritorio autonomo dela Grecia. Nel corso del 13 ° secolo, sono sorti numerosi scriptorium dei monasteri, nei quali i manoscritti venivano tradoti e trascritti però venivano anche create nuove opere letterarie. Oltre sul Monte Atos le trascrizioni fioriscono anche nei seguenti monasteri: Studenica, Mileševa, Ras, Decani, Pec e molti altri, situati nell’odierno sud della Serbia e nel Kosovo e Metohija.
La storia dello stato serbo, i dati sulla vita del popolo, gli anni delle guerre, la legislazione e il codice civile, le circostanze politiche sono rimasti registrati nei manoscritti medievali grazie agli amanuensi / scribi medievali e calligrafi.
Il più antico manoscritto serbo dai tempi dei Nemanjic, scritto in cirillico, è il Vangelo di Miroslav (fine del 12 ° secolo). E’ un manoscritto miniato di grande dimensione contenente un Evangeliario. Conta 362 pagine e 296 miniature scritto in pergamena con decorazioni molto ricche fatte con la penna d’oca e poi dipinte con pennello. Esso è uno degli esempi più antichi dell’antico slavo ecclesiastico e rappresenta il documento più significativo e prezioso del patrimonio culturale serbo. Oggi è conservato al Museo Nazionale di Belgrado.
Gran parte di questo tesoro scritto a mano ha subito danni, nel corso della storia e una parte, conservata nelle biblioteche, musei, e casafforti del mondo, è stato digitalizzato ed è consultabile.
La mostra che presentiamo è ispirata proprio da questa bellezza. Sono rappresentati vari stili, illuminazioni, ricchi ornamenti e tutto nello spirito dei migliori scribi medievali serbi, realizzati su pergamena e su carte appositamente preparate, con ornamenti dorati e con i classici accessori calligrafici (penne d’oca e calami di canna). Al termine della presentazione avrete la possibilità di fare una prova di calligrafia.
Maria Lina Veca vive e lavora a Roma.
Laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, specializzata in “Paleografia latina, archivistica e diplomatica” presso l’Archivio Segreto Vaticano, ha lavorato nel settore relazioni internazionali di varie istituzioni, ad esempio presso gli uffici parlamentare nel Parlamento Europeo a Strasburgo e ha organizzato incontri e conferenze internazionali, partecipando come relatore ed esperto anche sul tema della messa al bando delle armi all’uranio impoverito.
Parla fluentemente francese, spagnolo, inglese. Io direi anche serbo. Studia l’ebraico.
Ha svolto attività di solidarietà con la Repubblica di Cuba, Provincia de La Habana e con la Repubblica di Argentina, seguendo e curando progetti umanitari.
Iscritta all’Albo Nazionale dei Giornalisti dal 1991, ha collaborato con numerose testate giornalistiche sia nazionali che di lingua inglese. Di quelle nazionali elenco soltanto alcuei: Il Giornale del Mezzogiorno, La Nazione, Il Corriere dell’Umbria, Il Giornale d’Italia, Il Giornale dei Carabinieri, Radio Base (Venezia), Radio Città Aperta (Roma). Dal 1993 si occupa con particolare interesse del settore militare (missioni all’estero, modello di Difesa, ruolo dell’”intelligence”, uranio impoverito, ecc) ed è collaboratore de “Il Giornale dei Carabinieri”.
In modo ancor più specifico si è interessata nel 1993-1994 alla Missione Ibis in Somalia, e dal 1999 degli scenari balcanici, prima, durante e dopo, la disintegrazione della Yugoslavia, con particolare riferimento alla sofferenza delle minoranze non albanesi in Kosovo e Metohija.
E’ presidente della Onlus “Rinascere” che opera a favore di vari progetti di pace e di sostegno umanitario, in particolar modo a favore delle enclavi serbe del Kosovo e Metohija. In collaborazione con il progetto “Arca di pace”, sostenuto dalla Provincia di Roma, dalla Comunità Montana dell’Aniene e dall’UNESCO, sostiene il progetto di gemellaggio fra diverse scuole dell’enclavi serbe in Kosovo e le scuole romane.
Ha realizzato con il regista Alessandro Antonaroli un cortometraggio in Kosovo e Metohija nel febbraio 2008, nei giorni precedenti la secessione dalla Serbia, dal titolo “Katastrofa” (24’) presentato a Roma presso l’Associazione della Stampa Estera il 19 marzo. La versione in lingua serba è stata presentata a Belgrado nell’aprile 2008.
E’ stata invitata in qualità di relatore a diverse conferenze organizzata dall’Università di Roma “La Sapienza” – Facoltà di Scienze Politiche – e dall’Ambasciata della Repubblica di Serbia sul tema “L’Italia, La Serbia, l’Europa”;
Partecipa attualmente come docente al Master “Alta formazione in atti persecutori- stalking” con il patrocinio della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Camerino organizzato da GenuenSIS e Associazione Psicologia Insieme.
Svolge attività a favore del vegetarismo e dell’animalismo, ha lavorato anche come volontaria in progetti di ripopolamento dei lupi; fa parte anche dell’Associazione “No alla caccia”, della L.A.V. (Lega antivivisezione) e della L.I.P.U. (Lega italiana protezione uccelli).
Ha scritto una decina di libri negli ultimi 20 anni e nel mese di settembre 2017, per le edizioni Sensibili alle foglie, è uscito il volume italo serbo denominato “Zlocini/Crimini” sul tema del traffico d’organi in Kosovo a danno dei serbi scomparsi fra il 1998 e il 2001 in Kosovo e Metohija, volume che unisce a sua volta i tre volumi “Cuore di lupo” del 2009 e “Il paesaggio dell’anima” del 2012 di Marilina Veca e “Il cuore serbo di Johan” di Veselin Dzeletovic’.
Marilina, una persona così poliedrica come te, come mai ha deciso di approfondire soprattutto queste tematiche legate alla terra martoriata del Kosovo e Metohija?
Veselin Dzelatovic, è uno scrittore e poeta, membro della Federazione internazionale dei giornalisti, Presidente dell’Associazione degli scrittori denominato „Poeta“ e socio esperto dell’ Academia reale serba di scienziati ed artisti”, che ci presenterà stasera il suo famoso romanzo „Il cuore serbo di Johan“. Questo libro è stato tradotto in russo, inglese, tedesco, macedone, francese ed armeno e in seguito alla presentazione di questo suo libro, in lingua serba, svoltosi l’anno scorso proprio a Trieste e a Vicenza, da noi organizzata, il libro è nell’ultimo anno stato tradotto anche in italiano e ringraziamo a Darinka Bakajic, una giornalista radiofonica che vive a Roma e che conduce la trasmissione “Srbija mic po min”, che ha collaborato alla traduzione di questo libro di Veselin in Italiano.
Questo romanzo tratta la storia vera di un tedesco che porta nel petto il cuore di un serbo rapito durante la guerra nel Kosovo dall’esercito paramilitare dell’UCK, composto dai volontari albanesi, all’epoca considerati anche dalla CIA un gruppo terroristico. Questo uomo fu ucciso per strappargli il cuore e venderlo al mercato nero internazionale degli organi molto florido all’epoca. Il tedesco in questione, Johan, nome di fantasia per il volere dello stesso uomo, desiderava aiutare materialmente la famiglia del “donatore” serbo perché aveva saputo da chi e come aveva avuto il suo cuore trapiantato. Voleva acquietare la propria coscienza. Intendeva donare una grossa cifra alla famiglia, ma arrivato in Kosovo scopre che la moglie è morta in quei giorni e che il figlio era rimasto solo e decide di adottarlo. Lo zio del ragazzo non accettava che il ragazzo diventasse tedesco e per questo il tedesco Johann accettò di convertirsi e diventare ortodosso per avere l’approvazione dello zio all’adozione.
Dunque, il tedesco era venuto in Kosovo per cercare la famiglia del donatore e si trova al funerale della donna assieme all’autore di questo libro Veselin. Stava nel povero cimitero ortodosso serbo vestito molto diversamente dalla gente del posto, cioè signorilmente. Seguiva i funerali con una certa distanza aristocratica e gli stava accanto in ogni momento un agente della BND cioè della Bundesnachrichtendienst (servizio informazioni federale della Repubblica Federale Tedesca). Ad un certo momento il ragazzo, la cui mamma veniva seppellita, si mise ad abbracciare le gambe di quel tedesco e disse ad alta voce: “Papà”. Il ragazzo istintivamente ha riconosciuto il cuore del suo padre in un altro uomo. È una storia tragica che non può lasciare indifferente nessuno. Tutti i fatti del romanzo di Dzeletovic sono veri tranne i nomi dei personaggi e del villaggio”. L’autore del romanzo ha parlato direttamente con l’uomo tedesco, molte volte, dal 2004 al 2007.
Il romanzo di Dzeletovic offre quindi anche delle informazioni dalle quali risulta, per esempio, che le operazioni, in seguito al trapianto, non venivano fatte in Albania, ma in Italia. I serbi rapiti venivano portati in Albania per essere uccisi secondo gli ordini che arrivavano: i loro organi venivano estratti in Albania con i metodi più crudeli e poi trasportati in frigoriferi in Italia. Sono stati usati i motoscafi con i quali si raggiungeva l’Italia in meno di tre ore. Le basi logistiche di questi traffici loschi sono state poste prima dell’aggressione della NATO alla Serbia, quando i figli dei poveri d’Albania venivano venduti agli italiani ricchi ancora prima del 1999. In tal modo sono stati stabiliti i primi contatti con i contrabbandieri, rafforzati poi con i traffici illegali di sigarette e di droga. Ricordiamo che il testimone protetto K-144 del Tribunale dell’Aia dichiarò: “Io so di almeno 300 reni e di altri 100 organi estratti ai rapiti del Kossovo. Si estraevano anche il fegato e i cuori. Un rene si vendeva da dieci a cinquanta mila marchi tedeschi (da 10 a 50 milioni di vecchie lire)…”
Attualmente vi è un progetto della casa cinematografica di Belgrado „Bandur Film“ in collaborazione con „Poeta film“ per realizzare un film sulla tratta degli organi dei serbi fatta dai terroristi dell’UCK, basato su questo romanzo di Dzeletovic. Questi tragici episodi sono per la prima volta stati ufficialmente presentati da Dik Martin nel suo rapporto sui trattamenti inumani e i traffici d’organi dei serbi in Kosovo, relazione che puntava direttamente anche al premier kosovaro ed ex leader dell’Uck Hashim Thaci, approvata il 16 dicembre 2010 dalla Commissione affari legali e diritti umani dell’Assemblea del Consiglio d’Europa.
La realizzazione del film è concepita come genere thriller con elementi di dramma. Per la realizzazione di questo film vi è intenzione di impegnarsi con autori serbi e attori di fama internazionale: americani, inglesi. Il personaggio di Johan Vagner sarà interpretato da un famoso attore americano o britannico, mentre lo senario sarà realizzati dallo sceneggiatore, regista e produttore americano Paul Kampf. Il ruolo femminile principale verrà interpretato dalla famosa attrice rumena, Maia Morgenshtern, la vergine Maria del film „Passione di cristo“ di Mela Gibson. Il personaggio del donatore serbo Jovan, sarà interpretato da Miloš Biković.
Il film sarà dedicato a un vasto pubblico in tutto il mondo e l’obiettivo principale è che venga visto da più persone possibile che non sanno nulla di questi accadimenti oppure che hanno una conoscenza unilaterale e superficiale di eventi dell’epoca. Gli eventi verranno presentati come si può leggere anche nel dossier di Dik Marti e ci impegneremo nel non diffonderà l’odio verso nessuno, né di fare la propaganda di parte.
Lidija Radovanovic